Relazione sulle attività dell’Accademia degli Intronati 2021


Gentilissimi/e e intervenuti/e all’inaugurazione dell’ Anno 2021-2022 della nostra Accademia, è stato un anno difficile il 2021, ma ce l’abbiamo fatta a far vivere, a far essere presente la nostraAccademia con una serie di iniziative che non rammenterò una per una: lo schema integrale della relazione sarà leggibile sulle nostre piattaforme social molto ammodernate anzitutto per merito di Gabriele Maccianti. Le conferenze resteranno accessibili dal sito e dalla pagina facebook. Possiamo dire con soddisfazione che numerosissimi sono stati i contatti registrati. Sorpresa e incoraggiamento!
Mi limiterò ora ad accennare solo ai temi e ai problemi più rilevanti che abbiamo affrontato.
Come si sa, la burocrazia è nemica della storia, e non prende in considerazione il senso comune.
Per mettere – comprensibilmente – ordine e sottoporre a controllo le domande di sostegno indirizzategli, il Ministero della Cultura si è proposto di elaborare un selettivo elenco teso aindividuare le istituzioni culturali dotate di una riconosciuta personalità giuridica. La nostra istituzione nacque nel 1525, è la più antica di quelle ancora in vita, e il cammino dell’atto costitutivo con i vari aggiornamenti apportati nel tempo è un romanzo, non ricostruibile con facilità. Ma la questione è stata risolta: si sono concluse le pratiche per l’acquisizione formale della personalità giuridica. Dopo un iter piuttosto lungo per ottenere le certificazioni bancarie, la perizia giurata sul valore del magazzino librario, l’autentica notarile dello statuto, la nostra richiesta è stata protocollata
dalla Prefettura – che ringrazio vivamente per la collaborazione offerta – in data 23 novembre e inviata all’attenzione ministeriale per il definitivo espletamento della procedura richiesta. In questa faccenda come in ogni altro problema da affrontare con la necessaria dedizione essenziale è stato l’apporto appassionato e competente del vicepresidente Enzo Mecacci, vera colonna del nostro
edificio. E con lui ringrazio i membri del consiglio direttivo e coloro che hanno assicurato la direzione delle tre sezioni in cui l’Accademia si articola. Un particolare ringraziamento rivolgo a Mino Capperucci. che tiene i cordoni della (smilza) borsa con rigorosa puntualità. Le difficoltà pratiche che la pandemia ha provocato – e provoca – hanno impedito o sconsigliato di convocare assemblee in presenza, ma i contatti – i colloqui – a distanza per via telematica si sono rivelati meno ostici e criticabili di quanto si faccia. Dobbiamo ormai considerare che le tecnologie digitali hanno
aperto una pluralità di modi con i quali dovremo convivere e usare al meglio.
L’Accademia fa parte dell’AICI (Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane), presieduta da Valdo Spini. Ciò significa non solo maggior visibilità, ma partecipazione alle iniziative che si sono proposte e si proporranno per mettere in risalto il ruolo strategico della cultura nella ripresa non solo economica per cui lavoriamo in questa fase drammatica della nostra esistenza.
Al convegno “Le regioni, gli istituti di cultura e le politiche culturali del territorio nel quadro del PNRR” svoltosi a Parma, nella fitta agenda di Parma capitale italiana della cultura 2022, il 29 novembre 2021, è stata varata una Carta alla quale abbiamo convintamente aderito. In essa si afferma in premessa che «la cultura, nei diversi aspetti della ricerca, della formazione e della conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio, può svolgere un ruolo strategico, nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza – che ad essa apporta significative risorse – come catalizzatore di energie, come veicolo di promozione della partecipazione democratica e fattore di coesione sociale». Vi si ribadisce che «una articolata e capillare presenza nella vita pubblica del
mondo dell’associazionismo culturale, insieme alle altre istituzioni pubbliche e private, può costituire «un efficace antidoto nei confronti di fenomeni di intolleranza e di violenza, minoritari, ma non trascurabili, che si sono susseguiti nelle ultime settimane con preoccupante intensità» e che  che nella costruzione di una comune prospettiva di iniziativa culturale, all’insegna dell’innovazione e della piena assunzione della dimensione europea come elemento fondamentale di orientamento delle
diverse politiche, è necessario che si stringano ulteriormente i rapporti di collaborazione, dialogo e progettazione comune tra le istituzioni culturali e le Regioni e gli altri livelli di governo locale, ai quali spetta, come ha ricordato recentemente il Presidente del Consiglio, il compito strategico di declinare i diversi obiettivi del Piano sul territorio». Si aggiunge che «il varo del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano ha comunque confermato una netta inversione di tendenza rispetto a un recente passato, nel senso di restituire centralità agli investimenti pubblici in materia di formazione, ricerca e tutela di un patrimonio di inestimabile valore, come peraltro dimostrano anche le recenti
misure di incremento degli stanziamenti iscritti nel bilancio del Ministero della cultura destinati a istituti, accademie e fondazioni e che le istituzioni culturali private rappresentate nell’AICI sono consapevoli delle nuove responsabilità che gravano su ciascuna di esse, e intendono concorrere alla realizzazione degli obiettivi del Piano con le loro risorse, le loro competenze e i loro patrimoni, aprendosi anche a una più intensa attività di valorizzazione dei territori di riferimento in vista di una ripresa che non può essere misurata solo in termini di punti di PIL, ma deve guardare alla qualità
della vita e alle condizioni di benessere materiale e morale in molte realtà gravemente compromesse dalla pandemia».

Si avanzano precise e concrete indicazioni:

1. È necessario che nei programmi attuativi del PNRR che verranno elaborati dal Ministero della cultura e, per quanto di loro competenza, dalle amministrazioni regionali, vengano valorizzati i profili di collaborazione istituzionale e di creazione di sinergie, prevedendo, in particolare, nell’ambito dei cosiddetti partenariati estesi, la partecipazione attiva degli istituti di cultura soprattutto per quanto attiene agli interventi di digitalizzazione e valorizzazione del patrimonio.

Pubblicazioni:
“Bullettino Senese di Storia Patria” CXXVII (2020)

La visita apostolica alla diocesi di Siena di monsignor Giovanni Battista Castelli (1576), a c. di Mario De Gregorio e Doriano Mazzini.

Sguardi su Dante. Conferenze tenute in occasione del VII centenario della morte, a c. di Duccio Balestracci, Marilena Caciorgna, Enzo Mecacci.
Napoleone tra mito e storia. La Toscana e Siena negli anni dell’Impero francese, a c. di Gabriele Maccianti.
Si trova attualmente in fase di stampa il volume di ALESSANDRO CATENI, Giulio Mancini, Il viaggio per Roma per vedere le pitture e la riscoperta dei primitivi, pubblicato con il contributo MiC


Attività del secondo semestre 2021
Dal 25 settembre al 10 ottobre si è tenuta presso le Sale della Mostra dell’Archivio di Stato di Siena la mostra L’universo di Dante. Documenti, incunaboli, cinquecentine, xilografie, organizzata dagli Intronati in collaborazione con Fisiocritici, Rozzi, Società Bibliografica Toscana ed Archivio di Stato.
Contestualmente si sono organizzati incontri nella Sala Conferenze dell’Archivio di Stato il 25 settembre (1321-2021: Settimo centenario della morte di Dante. Documenti, incunaboli, cinquecentine, xilografie) e il 10 ottobre (L’universo di Dante. Per i settecento anni dalla morte del Divin Poeta).


Incontri d’Autunno 2021:
Venerdì 22 ottobre: Missione fallita a Kabul 2001-2021, Le guerre afgane e il destino dell’Occidente. Incontro con Gastone Breccia, docente di Storia bizantina e Storia militare antica nell’Università di Pavia, autore del libro Missione fallita. La sconfitta dell’Occidente in Afghanistan (Bologna, Il Mulino, 2020). Coordina Gabriele Maccianti
Giovedì 4 novembre: Presentaziodella nuova edizione de Il pensiero poetante di Antonio Prete (Milano, Mimesis, 2021). Roberto Barzanti dialoga con l’autore
Giovedì 11 novembre: Gabriele Fattorini presenta il libro di Alessandro Angelini, Il primato dell’occhio. Temi e metodo della storia dell’arte in età moderna, Macerata, Quodlibet, 2019
Martedì 16 novembre: Roberto Farinelli ed Anna Guarducci presentano il libro di Anna Guarducci, Marco Piccardi e Leonardo Rombai, La Maremma grossetana nel panorama delle bonifiche in Italia e nel Mondo. Studio tematico comparativo, Montevarchi, aSKa Edizioni, 2021
Giovedì 18 novembre: Gioachino Chiarini e Marilena Caciorgna presentano il libro di Mino Gabriele, I sette talismani dell’Impero, Milano, Adelphi, 2021
Giovedì 25 novembre: Niccolò Scaffai presenta la nuova edizione commentata di Eugenio Montale, Farfalla di Dinard (Milano, Mondadori, 2021), la prima raccolta di prose di Montale (1956).
Sabato 27 novembre (presso l’Archivio di Stato): Gerardo Nicolosi, Andrea Barlucchi e Stafano Moscadelli presentano Le pergamene del Comune di Montalcino (1193-1594), a cura di M.A. Ceppari Ridolfi e P. Turrini, Siena, Extempora, 2019

Martedì 30 novembre: Francesco Rossi e Alfredo Franchi (Associazione Idilio Dell’Era) e Pietro De Marco (Università di Firenze, autore della postfazione) presentano il libro di Marco Fioravanti, Idilio Dell’Era, ritratto di un sacerdote poeta. Dal «Frontespizio» al «Giornale del Popolo» di Lugano (1932-1973), Siena, Cantagalli, 2020.
Martedì 7 dicembre: Inaugurazione del 497° anno accademico. Relazione dell’Archintronato Roberto Barzanti. Prolusione di Marco Marchi su Cento anni di Tozzi). Intervento di RiccardoCastellana. Letture di Francesco Burroni dal manoscritto inedito di Glauco Tozzi Io e mio padre.
Uno sguardo all’immediato futuro
Martedì 14 dicembre: Gaspare Polizzi presenta Giacomo Leopardi, Compendio di storia naturale, Milano, Mimesis, 2021. Un inedito di Giacomo Leopardi quattordicenne. Sarà presente con il curatore Gaspare Polizzi Valentina Sordoni. Intervento di Antonio Prete che traccerà un ricordo di Luigi Blasucci
Giovedì 16 dicembre: Michele Pellegrini presenta il volume Le vestigia dei Gesuati a cura di I. Gagliardi, Firenze, Firenze University press, 2021.
Alcune delle iniziative programmate per il primo trimestre 2022
Per il primo trimestre del prossimo anno sono stati stabiliti due incontri er il primo trimestre del prossimo anno sono stati stabiliti due incontri di Studio, rispettivamente
sugli aspetti linguistici e sull’attività teatrale di Girolamo Gigli in occasione del terzo centenario della morte, avvenuta il 4 gennaio 1722; vi parteciperanno Mario De Gregorio, Enzo Mecacci e Bernardina Sani dell’Accademia degli Intronati, Giada Mattarucco e Lucinda Spera dell’Università per Stranieri di Siena, Giulia Giovani e Marzia Pieri dell’Università degli Studi di Siena. Gli incontri si svolgeranno il 22 ed il 24 febbraio in collaborazione con le Accademie dei Fisiocritici e dei Rozzi e
della Società Bibliografica Toscana e con il patrocinio delle due Università cittadine.
Inoltre verranno presentati in date ancora da definirsi i seguenti volumi:
Gastone Breccia, Stefano Marcuzzi, Le guerre di Libia. Un secolo di conquiste e rivoluzioni, Bologna, il Mulino, 2021
Contro frate Bernardino da Siena. Processi al maestro Amedeo Landi (Milano 1437-1447), a c. di Marina Benedetti e Tiziana Danelli. Milano, Milano University Press, 2021
Barbara Gelli, Fra principi, mercanti e partigiani. Francesco Aringhieri politico e diplomatico senese del Quattrocento, Pisa, Pacini, 2019
Francesca Farina, Liceo classico, Perugia, Bertoni, 2021
Laura Vigni, Giuseppe Bargagli, Diario di guerra 1812/1814, Settimo di Pescantina (VR),
Associazione Napoleonica d’Italia, 2021
La visita apostolica alla diocesi di Siena di monsignor Giovanni Battista Castelli (1576), a c. di Mario De Gregorio e Doriano Mazzini
Massimo Bignardi, La città di Atlantide. Arte ambientale, processi di democratizzazione e
ornamento urbano
Mario Bracci, Carte sparse. Riflessioni, pagine di diario, relazioni, discorsi (1934-1945), a c. di Stefano Moscadelli
Davide Cristoferi, Il «Reame» di Siena. La costruzione della Dogana dei Paschi e la svolta del tardo Medioevo in Maremma (metà XIV – inizi XV secolo), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2021 («Nuovi Studi Storici» 121), pp. XII, 345.
Pubblicazioni:
“Bullettino Senese di Storia Patria” CXXVIII (2021), con il contributo per le attività culturali del
MiC e il sostegno del Rotary Club Siena Est.
Gianni Mazzoni, Leonardo de’ Vegni inventore dell’arte plastica dei “tartari” .
Leonardo e la cultura senese. Tracce di reciproche influenze. Atti delle giornate di studio (Siena, 29- 30 novembre 2019), a c. di Ettore Pellegrini (coedizione con Fisiocritici e Rozzi).
Città di cultura, Cultura della città. Dialoghiamo sul futuro di Siena. Atti della Giornata di Studio (Siena, 13 giugno 2019), a c. di Marina Gennari.
Girolamo Gigli. Riflessioni a trecento anni dalla morte, a c. di Mario De Gregorio ed Enzo Mecacci.

Abbiamo chiesto a Marco Marchi di tenere la prolusione inaugurale di quest’oggi sul tema Cento anni di Tozzi. Ringrazio Marco di aver accettato il nostro invito. Seguirà un intervento di Riccardo Castellana sul programma diluito nel tempo approntato dal Comitato promotore delle celebrazioni tozziane da me presieduto. Infine ascolteremo letture di Francesco Burroni tratte da Io e mio padre, manoscritto inedito di Glauco Tozzi.
Marco Marchi, critico letterario, è stato docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. È studioso di Tozzi internazionalmente noto. Ha curato per «I Meridiani» di Mondadori le Opere di Tozzi (1987). Tra i suoi libri, in massima parte editi da Le Lettere: Vita scritta di Federigo Tozzi
e Vita scritta di Italo Svevo (1997 e 1998), Invito alla lettura di Mario Luzi (Mursia, 1998), D’Annunzio a Firenze e altri studi (2000), Novecento (2004), Immagine di Tozzi (2007), Altro Novecento (2009), In breve (Cesati, 2010), Stagioni di Tozzi (Fondazione Monte dei Paschi di Siena-Le Lettere, 2010), Per Luzi (2012), Per Palazzeschi (2013), Per Pasolini
(2014), Ut pictura poesis. Artisti e scrittori a confronto (Cesati 2016), Moderni e contemporanei (2017), Per Federigo Tozzi, A cento anni dalla morte(Accademia Petrarca – Cesati, 2021). Ha curato importanti edizioni (oltre a quelle tozziane, numerose, quelle di Palazzeschi negli «Oscar» di Mondadori: Il Codice di Perelà e Interrogatorio della Contessa Maria, 2001 e 2005), antologie, cataloghi e libri d’arte. Autore di «drammaturgie critiche», ha scritto testi scenici per Piera degli Esposti, Marco Baliani, David Riondino e Iaia Forte. Ha firmato il documentario In Toscana. Un
viaggio in versi con Mario Luzi (Regione Toscana, 2014) e, in collaborazione con Riccardo Castellana e Martina Martini, Tozzi la scrittura crudele, Comune di Siena 2002.

Appendice
I brani di lettura prescelti da Io e mio padre di Glauco Tozzi

Durante la guerra, i Tozzi si erano trasferiti due volte: dal Vicolo Parioli a Via Clitunno nell’autunno 1915; mentre, nell’autunno 1916, passarono all’altra casa in centro, cioè a quella di Via del Gesù. L’appartamentino di Via Clitunno, finito allora allora, faceva parte di un discreto villino di due piani sopra il terreno. Noi eravamo al secondo e ultimo. Sopra di noi, c’era direttamente la terrazza, grande quanto il villino stesso. Le finestre posteriori si affacciavano su un soleggiato e vasto piazzale; dove si vedeva
continuamente armeggiare intorno ad automobili: forse vi avrà avuto sede una officina meccanica. Mi faceva una certa impressione il padrone di casa, quando accompagnavo mia madre a pagargli la pigione: non mi capacitavo perché abitasse in un altro caseggiato poco distante e non lì; come facevamo noi a Castagneto con le
nostre case. Comunque, ero orgoglioso che i miei avessero il denaro che era necessario per l’affitto. Fu in quell’anno, e forse per questa circostanza, che cercai di farmi un’idea di quel che potevano essere le nostre finanze familiari: volli sapere quanto guadagnava mio padre alla Croce Rossa (erano 180 lire nel marzo 1916, come si desume da una lettera), e, paragonandolo all’importo della pigione, calcolai che questa era quasi
la metà. Infatti, controllando nella corrispondenza, trovo che per l’alloggio pagavamo ben ottanta mensili.
Ma non mi rendevo conto che quel che avanzava era poco o niente per il resto!
Di compagnia adatta anche a sorvegliarmi ne avevo bisogno, per la situazione che si andava maturando in famiglia, a cui ho già accennato. Fu infatti nell’anno della nostra permanenza in Via Clitumno, e più precisamente dalla primavera all’autunno 1916, che la crisi tra i miei genitori raggiunse il suo culmine. Mio padre, dopo un nervoso soggiorno con noi in quella casa, che forse era stata presa perché il Vicolo Parioli era
troppo periferico, ci lasciò per andare a stare, disse, per conto suo. Quanto questa separazione straziò mia madre, resulta, nel carteggio tozziano, dalle lettere direttegli dalla moglie abbandonata. Nessun elemento epistolare, però, prova che mio padre si fosse recato direttamente a convivere con la rivale; che era sempre la
Margherita di In campagna. Più probabile è una situazione intermedia; che, cioè, avesse preferito dormire da solo in una pensione, che mi sembra di ricordare, però assai vagamente, nel centro di Roma.
Allora, sapevo solo che mio padre non stava con noi perché era troppo nervoso per andare d’accordo con la moglie. Ma non, per questo, lo vedevo di rado. Non solo i due coniugi separati si scrivevano tutti i giorni, inviandosi lettere che, soprattutto per quanto si riferiva a mia madre, sono un documento umano di eccezionale interesse, ma il loro unico figlio, che ero io, serviva, pure quasi ogni giorno, da tratto di unione, con un continuo pendolare, che doveva essere di pomeriggio perché la mattina ero a scuola, da Via Clitumno a Via delle Tre Cannelle e viceversa. Il più delle volte venivo messo in tram a uno dei due capolinea e viaggiavo da solo. Talvolta veniva a prendermi qualche amico di casa; per esempio Guido Guida: se partivo dal centro per tornare a casa, mio padre generalmente si limitava ad accompagnarmi al capolinea tranviario al Largo Chigi. Passavamo allora a piedi sotto gli scenografici archi barocchi di Via della Pilotta; e attraversavamo quindi la piazza della Fontana di Trevi. Del resto, non è che mio padre non mettesse più piede in Via Clitunno: semplicemente vi capitava, senza trattenercisi, come in visita.

Ma preferiva piuttosto, quando non  bastavano le lettere, di incontrarsi con la moglie in centro, evidentemente per pochissimo tempo. Giunse infatti, con un bigliettino postale dal timbro illeggibile ma dei  primi tempi della separazione, a fissarle una regola precisa, così scrivendole: “Allora: /martedì alle 9,30 /mercoledì alla 8,30 / venerdì alla 8,30 sarò dove ferma il tranvai, a Piazza Colonna; anzi sarò proprio in Piazza Colonna dove è la colonna e la fontana”. Dati i giorni e l’ora, non si trattava certamente di uno scambio di consegne per il figlio. […]

In apparenza, quella separazione cessò, come ho detto, con mia grande felicità, quando, nell’autunno di quello stesso 1916, i miei genitori decisero di stabilirsi insieme in centro: oltre a ricordare a mia madre giorni tristissimi, Via Clitumno dava da vero ai nervi a mio padre per la necessità in cui lo metteva di prendere il tram anche solo per andare in ufficio: con una certa impazienza per i mezzi pubblici che io ho ereditato da lui pari pari e per intero. Inoltre la pigione al centro, pur essendo presso a poco eguale a quella di Via Clitumno, faceva risparmiare tempo prezioso.

Fu così che ci installammo in Via del Gesù 62, al Palazzo Guglielmi.

 

***   ***   ***

 La mattina avanti, di domenica, ero stato svegliato insolitamente presto, nella camera che dividevo con le domestiche di casa Pincherle. Era poco dopo un’alba tetra e nuvolosa. Non ebbi sentore di niente di preciso. Ma, come imbarazzato, chiesi alle due donne se mio padre stava peggio. – No – mi rispose la cameriera – non sta peggio. Anzi, ora sta bene –. E fu quella la prima frase di questo tipo. Certo, ella sperava che bastasse così, per farmi capire. Ma ero ancora troppo digiuno di certi modi di dire e di fare, in simili circostanze. E, benché mi paresse strana una guarigione improvvisa, e più ancora che fosse così seria e cupa la giovane che mi dava l’annuncio, presi il “meglio” alla lettera. Quel vago presentimento che mi aveva colto svegliandomi era, dunque, un errore da dimenticare. Ma più i minuti passavano e più l’imbarazzo, in quella stanza, cresceva. Certamente le due poverette non sapevano come fare per dirmi l’accaduto; visto che non lo avevo capito subito. Una delle due, ebbe un’ispirazione:

Vieni con noi, andiamo alla messa, alla Minerva.

Evidentemente avevano pensato di trovare tra quei frati domenicani chi si sarebbe preso il triste incarico di parlarmi chiaro. Né si erano ingannate. Giungemmo alla Minerva senza che io pensassi a niente di speciale: tra l’altro sapevo che era domenica, e che le due donne erano abbastanza religiose. Entrati nella buia navata, scorsi un po’ di luce nella cappella di sinistra, in cima: quella dedicata a San Tommaso. Vi si stava celebrando proprio la messa per i giovani della parrocchia, di cui io facevo parte.

Ormai del tutto tranquillizzato, stavo per sistemarmi in un posto qualsiasi, quando Padre Domenico, che non celebrava, mi si accostò. Come seppi dopo, un frate del convento, o lui o il parroco, non so, era stato chiamato prestissimo, quella mattina, verso le tre o le quattro, in casa Tozzi, dove si erano accorti che mio padre era caduto improvvisamente in coma.

(…)

Durante la notte la febbre era calata di colpo. Il malato, spossato, stava perdendo rapidamente le sue residue forze, Alle primissime ore del mattino, chi lo vegliava, non so se l’infermiera o mia madre, se ne era avvisto; e fu pensato, in quell’estremo momento, all’anima. Ma quando il domenicano, appena chiamato, giunse, mio padre era già in agonia. Spirò verso le quattro o le cinque del mattino stesso. Era il primo giorno della primavera 1920.

Padre Domenico, dunque, mi si accostò, lì nella cappella. Mi prese una mano nelle sue. Poi abbracciatomi, per allontanarmi dai compagni, mi riportò indietro, verso la balaustrata che delimita l’ingresso alla cappella. E lì, con voce rotta dall’emozione, parlò:

Tuo padre… il tuo povero babbo… stanotte… è morto!

Un velo di lacrime mi riempì gli occhi; ma attraverso ad esse, vidi che anche Padre Domenico piangeva.

Il lunedì mattina fui riportato definitivamente a casa mia. E passai il restante tempo, prima dei funerali, nella camera ardente. Solo attraverso documenti ho potuto ora stabilire quanto tempo passò dalla morte al servizio funebre; che fu a Roma, nel pomeriggio di martedì 23. A me quell’intervallo sembrò, più che di giorni, addirittura di settimane; non perché il tempo mi trascorresse lentamente, ma perché la novità delle cose mi aveva preso completamente, e il continuo movimento di gente, a me nota o sconosciuta, riempì talmente quell’attesa da farla sembrare più lunga.

Il viso di mio padre, sul letto che era stato approntato al centro della stanza, mi pareva il solito, a parte il pallore. Né potevo realizzare che quella realtà fisica, che per me era anche sentimentale, si sarebbe rapidamente disfatta. Finché mio padre fu lì, infatti, non mi parve che la morte fosse veramente tale.

Durante la veglia funebre non ero stato molto commosso; anche perché, ingenuamente, mi ero come compenetrato in una parte. Che doveva essere, come fu, di grave sollecitudine; ma che rinviava, per ciò stesso, a dopo il vero dolore e la profonda comprensione. Così, osservavo attentamente quel che succedeva nella stanza, dove ardevano i quattro ceri ai rispettivi angoli. La fiamma faceva sgocciolare lungo il loro fusto grossi rivoletti, che rapidamente si rapprendevano. Non so come, a un certo punto mi venne in mente di staccare da ogni cero la sua sgocciolatura rappresa, e di metterla da parte, in quella scatola dove avevo cominciato a riporre qualche ricordo di mio padre. Qualcuno, non so chi, elogiò l’atto. E ne fui fiero.

Quella, dunque, non era tornata ad essere la mia vera casa. (…)

Intanto in portineria, davanti all’attonito Sor Alessandro, un registro si riempiva di firme, mentre il grosso portone restava chiuso a metà. Chi più si dava da fare era Orio Vergani; che insieme a Pincherle e ad altri, come seppi dopo, stava abbinando il servizio funebre di Roma col successivo immediato trasporto della salma al Laterino di Siena.

Del servizio funebre entro la Minerva ricordo un particolare: nell’angolo formato dalla rientranza di un pilastro, stava un vecchietto poveramente vestito, con in mano un cappello tondo come allora usavano anche i poveri. Con stupore riconobbi in lui il giornalaio da cui ci servivamo ogni giorno: così povero e modesto che non aveva neanche la più piccola edicola. Teneva i giornali, alla buona, sopra un paracarro all’angolo di Via del Gesù con Via del Piè di Marmo, che si rasentava per andare alla Minerva. Quando non era al suo posto, c’erano però sempre i giornali; sul cui mucchio si accumulavano i soldini che i clienti onesti gli lasciavano, ritirando la loro copia.

Terminata la funzione religiosa, vidi che all’esterno della basilica c’era una gran folla; e mi fece molta impressione sapere che il distinto signore che parlò dai gradini della basilica era il sindaco di Siena, conte D’Elci, venuto appositamente a Roma: dunque mio padre era divenuto veramente celebre! Dopo il discorso del sindaco, la folla sparì come d’incanto. E nella piazza, oltre al feretro su un carro trainato da cavalli, restammo solo in pochi. Accanto c’era una macchina scoperta. Orio mi ci issò sopra. Solo allora mi accorsi che mia madre non era presente. Fu Orio a spiegarmi che non se ne era sentita la forza.

L’Accademia degli Intronati nella sua secolare autonomia si sente parte del Comune, intende offrire anzitutto occasioni di conoscenza di Siena e del suo territorio, a chi la abita o vi risiede, perché si rinsaldi una cittadinanza attiva e consapevole, consapevole del patrimonio ereditato e capace quindi anche per questo di costruire con fiducia un possibile futuro.

 

Siena, 7 dicembre 2021                                                                         Roberto Barzanti